Uno, due tre. Prova.
Uno, due tre. Prova. Prova.
Forse quest'affare funziona. Non lo so. Neanche so se riuscite a sentirmi.
Ma se ci riuscite, ascoltate. E se state ascoltando, be', allora quello che avete trovato è la storia di tutto ciò che è andato storto. Questo è il cosiddetto registratore del Volo 2039. La scatola nera, come si dice, anche se è arancione. Dentro c'è un nastro metallico, cioè la registrazione incancellabile di quello che resta. Quello che avete trovato è la storia di ciò che è successo.
C. Palahniuk
venerdì 30 luglio 2010
domenica 18 luglio 2010
martedì 13 luglio 2010
oggi vivo a sofronia
La città di Sofronia si compone di due mezze città.
In una c’è il grande ottovolante dalle ripide gobbe, la giostra con la raggiera di catene, la ruota delle gabbie girevoli, il pozzo della morte con i motociclisti a testa in giù, la cupola del circo col grappolo dei trapezi che pende in mezzo.
L’altra mezza città è di pietra e marmo e cemento, con la banca, gli opifici, i palazzi, il mattatoio, la scuola e tutto il resto. Una delle mezze città è fissa, l’altra è provvisoria e quando il tempo della sua sosta è finito la schiodano, la smontano e la portano via, per trapiantarla dei terreni vaghi d’un’altra mezza città.
Cosí ogni anno arriva il giorno in cui i manovali staccano i frontoni di marmo, calano i muri di pietra, i piloni di cemento, smontano il ministero, il monumento, i docks, la raffineria di petrolio, l’ospedale, li caricano sui rimorchi, per seguire di piazza in piazza l’itinerario d’ogni anno.
Qui resta la mezza Sofronia dei tirassegni e delle giostre, con il grido sospeso dalla navicella dell’ottovolante a capofitto, e comincia a contare quanti mesi, quanti giorni dovrà aspettare prima che ritorni la carovana e la vita intera ricominci.
da Le città invisibili
In una c’è il grande ottovolante dalle ripide gobbe, la giostra con la raggiera di catene, la ruota delle gabbie girevoli, il pozzo della morte con i motociclisti a testa in giù, la cupola del circo col grappolo dei trapezi che pende in mezzo.
L’altra mezza città è di pietra e marmo e cemento, con la banca, gli opifici, i palazzi, il mattatoio, la scuola e tutto il resto. Una delle mezze città è fissa, l’altra è provvisoria e quando il tempo della sua sosta è finito la schiodano, la smontano e la portano via, per trapiantarla dei terreni vaghi d’un’altra mezza città.
Cosí ogni anno arriva il giorno in cui i manovali staccano i frontoni di marmo, calano i muri di pietra, i piloni di cemento, smontano il ministero, il monumento, i docks, la raffineria di petrolio, l’ospedale, li caricano sui rimorchi, per seguire di piazza in piazza l’itinerario d’ogni anno.
Qui resta la mezza Sofronia dei tirassegni e delle giostre, con il grido sospeso dalla navicella dell’ottovolante a capofitto, e comincia a contare quanti mesi, quanti giorni dovrà aspettare prima che ritorni la carovana e la vita intera ricominci.
da Le città invisibili
mercoledì 7 luglio 2010
l'alfabeto è pieno di proiettili
troppe parole
sputate come sassi buttati da un cavalcavia
ingiuste indegne indecorose
inutili espedienti per sentirsi più forte
parole imprudenti
incoscienti come bambini spericolati sulle montagne russe
recitate a memoria, a vanvera
lanciate in aria con un paracadute rotto
parole immobili
secolari come rocce immortali
repentine rumorose raggelanti
ladre di silenzi d'ovatta.
sputate come sassi buttati da un cavalcavia
ingiuste indegne indecorose
inutili espedienti per sentirsi più forte
parole imprudenti
incoscienti come bambini spericolati sulle montagne russe
recitate a memoria, a vanvera
lanciate in aria con un paracadute rotto
parole immobili
secolari come rocce immortali
repentine rumorose raggelanti
ladre di silenzi d'ovatta.
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